Intervento di bypass coronarico e fisioterapia: come comportarsi?

L’attività fisioterapica nei pazienti che hanno subito un’operazione di bypass coronarico è sempre stata una questione dibattuta: dopo un intervento BPAC è più consigliabile un percorso di HIIT (High Intensivity Interval Training) oppure delle attività Cardio?

Partiamo con ordine e analizziamo l’intervento chirurgico. Il BPAC è un’operazione chirurgica di bypass aortocoronarico tra le più frequenti, effettuate per evitare i danni dovuti a stenosi (restringimento dei vasi sanguigni) oppure a occlusioni delle arterie coronarie. Le coronarie sono i vasi sanguigni che si diffondono dall’arteria aorta e permettono di perfondere di sangue il tessuto muscolare miocardico e di ossigenarlo, permettendone così la normale attività. Questo flusso è fondamentale perché il cuore è un muscolo che non smette mai di pompare il sangue in tutto il nostro corpo. Quando ci troviamo in situazioni in cui la perfusione delle coronarie sia ridotta o addirittura assente, il cuore va incontro a una situazione di necrosi del tessuto miocardico che non è più vascolarizzato, aumentando così la possibilità di incorrere in un infarto del miocardio.

Se il cuore non riceve abbastanza ossigeno?

In questi casi si va incontro ad una sofferenza chiamata ipossia locale. Nel caso in cui sia limitata nel tempo, si parla di “angina pectoris” con sintomi quali dolori molti forti di tipo precordiale nella zona toracica, spesso irradiati fino al braccio sinistro. Nel caso in cui l’ipossia duri invece per molto tempo, il danno può diventare irreversibile: in questo caso può avvenire un infarto del miocardio con necrosi di una parte del tessuto muscolare cardiaco. Si può incorrere alla morte per insufficienza cardiaca.

Una volta accertata la diagnosi di coronaropatia, si procedere al trattamento del paziente che può essere di tipo farmacologico nei casi più lievi oppure chirurgico nelle situazioni più critiche.

L’intervento chirurgico permette di bypassare il tratto di stenosi od occlusione attraverso il prelievo di una vena safena, della toracica interna (o mammaria) o della vena radiale. Il prelievo della vena toracica interna è quello più diffuso in quanto ha una durata maggiore ed è il meno invasivo.

Che succede dopo l’intervento?

Il paziente viene seguito con un ciclo di riabilitazione cardiologica per migliorare i parametri che rappresentano lo stato di performance fisica (VO2 massima, SO2, FC massima) e i parametri fisici dello stato di salute globale e respiratorio (PA, PO2, PCO2, FC). Tutte queste tipologie di riabilitazione permettono di migliorare gli out-come e l’autonomia del paziente nella vita quotidiana. Inoltre, rappresenta un efficace tipo di riabilitazione secondaria riducendo il rischio di nuovi eventi cardiovascolari futuri, morbilità, ospedalizzazione e mortalità.

L’importanza di un programma di allenamento

Dopo l’intervento, è fondamentale proseguire con un programma di allenamento per migliorare i parametri di salute fisica e la ripresa delle autonomie del paziente. Dagli studi analizzati, non risultano differenze sostanziali dal tipo di strumento e il tipo di allenamento utilizzato per il training a parità di carico di volume e intensità. Sarà compito del fisioterapista scegliere lo strumento più adatto per le caratteristiche specifiche del paziente. Riguardo al tipo di allenamento utilizzato, risultano efficaci sia l’allenamento continuo a bassa-media intensità sia quello intervallato ad alta intensità – quest’ultimo in maniera leggermente maggiore in alcuni stadi e uguale per altri. Resta sempre fondamentale dosare correttamente il progredire dei carichi di allenamento per stimolare al meglio l’adattamento del corpo al training: in questa fase è molto importante essere guidati per una corretta guarigione e riabilitazione.