Lo stretching come riscaldamento

Visto il crescente interesse suscitato dai precedenti articoli sullo stretching  

https://www.fisioterapiafisiosan.it/muscoli-cui-non-serve-stretching/   (Muscoli su cui non serve fare stretching)

https://www.fisioterapiafisiosan.it/gli-effetti-reali-dello-stretching/  (Gli effetti reali dello steetching)

ho voluto approfondire alcuni argomenti specifici.

In particolare l’efficacia dello stretching come riscaldamento:

Arriviamo al sodo: la ricerca scientifica dimostra che lo stretching non è un metodo efficace di riscaldamento.

Anche se ci sono delle eccezzioni (ad esempio se lo stretching viene svolto più di 30 min dalla prestazione e a seconda del tipo di prestazione) comunque ormai non c’è niente di più chiaro di questo in merito allo stretching statico.

Il nostro veloce riscaldamento a base di stretching è uno dei temi più studiati in medicina muscoloscheletrica e nella scienza dell’esercizio. Per esempio, una revisione molto vasta, pubblicata nel 2011, ha fornito delle prove piuttosto schiaccianti che uno stretching di 30-45 secondi … “non produce alcun effetto significativo a lungo termine” se non  qualche evidenza di danni (1).

Sì, danni: un test del 2014 trovò che un bello stretching pre-corsa causa “una riduzione della capacità del muscolo scheletrico di produrre forza esplosiva.”

Esattamente  come scrisse Alex Hutchinson perRunner’s World, “non riesco a vedere niente di buono in qualcosa che mi fa andare più lento ma che mi fa sentire che ce la metto tutta (2).” Oltre a questo ci sono altre evidenze in merito (3).

Riscaldarsi, a giudicare dai modi di farlo, sembrerebbe essere un obiettivo nebuloso con molti possibili significati.

Il più ovvio è quello letterale, indurre un aumento della temperatura nel muscolo, questo sarebbe un obiettivo ragionevole. È letteralmente vero che i muscoli caldi funzionano meglio di quelli freddi ed è noto che I muscoli per lavorare al meglio devono lavorare in un “range” di temperatura.

È infatti risaputo che anche un ipertermia provoca lesioni (ecco perchè i scaldamuscoli in estate sono scnsigliati..)

Tuttavia, il calore corporeo è generato dall’attività metabolica, in particolare dalla contrazione muscolare. Ed è impossibile innalzare l’attività metabolica senza arrivare a sudare, il sudore è il primo “termometro” che ogni atleta dovrebbe monitorare, non avendo termostati come sulla propria vettura.

Primo problema: L’ipertermia muscolare non è possibile con il solo stretching. Semplicemente i muscoli non si scaldano solo allungandoli. (si qualcuno potrebbe dirmi anche che l’attrito da allungamento  genera calore.. ma siamo sull’ordine dell’insignificante)

La miglior maniera di riscaldarsi è probabilmente cominciare col fare l’attività in modo leggero e lento: per esempio, camminare e correre lentamente prima di correre velocemente. Fare delle contrazioni isometriche sottomassimali, o ancora meglio fare degli esercizi di mobilità articolare che necessitano anche l’attivazione muscolare possono essere degli esercizi “riscaldanti”.

In senso metaforico, “riscaldarsi” si riferisce anche alla prontezza all’attività o consapevolezza corporea. Si è “riscaldati” in questo senso, quando siamo anche neurologicamente reattivi e motoriamente coordinati: circuiti pronti e adrenalina in circolo per intendersi.

Il riscaldamento andrebbe infatti chiamato pre-attivazione neuromuscolare e non coinvolge solo il muscolo, ma vi dev’esser coinvolto in sistema nervoso centrale, le artticolazioni, tendini e legamenti. tutto l’apparato “dalla centralina alla ruota” dev’esser preparato alla prestazione.

Riscaldarsi ha senso solo in vista dell’esercizio: i suoi unici obiettivi sono proteggersi dagli infortuni e ottimizzare la prestazione. E sono obiettivi realistici. La ricerca ha infatti mostrato che un riscaldamento centrato su questi obiettivi procura una discrete prevenzione agli infortuni, riducendo sia il numero che la gravità di traumi che di lesioni da sovraccarico(4,5).

Quindi, il riscaldamento in questa accezione è probabilmente utile, … ma lo stretching serve a scaldarsi in questo senso?

Come già detto no, probabilmente non molto – certamente non più di un sacco di altri esercizi che si potrebbero fare – e ancora più probabilmente, come mipermetto di dire, in determiatsi sport perniente del tutto.

Uno dei più studiati programmi di riscaldamento (che comprende anche uno degli studi appena citati), il programma della FIFA “gli 11 +”, significativamente non include lo stretching. La prova più convincente che lo stretching non provoca riscaldamento è il fatto che non previene infortuni né migliora la prestazione (ne discutiamo più avanti). Lo stretching statico dà un qualche stimolo ai tessuti, ma in modi molto diversi da gran parte delle comuni attività muscolari.

Il riscaldamento funziona

Uno studio su un grande numero di giocatrici di calcio ha mostrato che il riscaldamento ed un programma di allenamento neuromuscolare mirato possono ridurre di un terzo il numero di lesioni. Bisogna notare che il tipo di riscaldamento impiegato nel programma  “11 +” della FIFA, non include più lo stretching!

A causa di tutto questo, finalmente, dopo 20 anni di ricerca, lo stretching ha perso forse il suo crisma di ufficialità come metodica di riscaldamento: la maggior parte dei professionisti lo ha abbandonato da molti anni, ed è passé anche nell’opinione di molti appassionati della corsa e sportivi della domenica.

Semplicemente, non funziona per quello per cui viene proposto.

è difficile immaginarsi una pratica di fitness comune che sia così profondamente contraddetta dalle prove e da molti professionisti del settore. Eppure …

Eppure tutti continuiamo a verderlo fare ovunque sopratutto da chi corre e senza un obiettivo reale alle spalle.

Vedo spesso podisti nei loro habitat, molti dei quali partecipano anche a programmi di allenamento strutturati e gruppi podistici, ovviamente istruiti da esperti e allenatori e… fanno stretching per scaldarsi. A volte lo fanno anche in gruppo… Quindi, malgrado l’evoluzione delle conoscenze, questa pratica deve ancora essere smontata.

Attenzione, non sto dicendo che Odio chi si stretcha prima di un allenamento, ognuno è libero di fare ciò che crede , per me può anche martellarsi i piedi per esser più reattivo a livello si sistema nervoso ma il problema è che si illudono faccia proprio bene e al caso loro.

C’è ancora troppa gente là fuori che fa stretching prima di correre e fare sport, che cerca di “scaldarsi” quasi esclusivamente stando ferma ed allungando i muscoli.

 Un altra idea diffusa circa lo stretching, è che prevenga quella fastidiosa dolenzia muscolare profonda che segue un esercizio intenso. Questa dolenzia è chiamata “dolenzia muscolare ad insorgenza ritardata”, abbreviata in DOMS (delayed onset muscle soreness). La gente crede in modo religioso che lo stretching possa alleviarla.

Ho notato questo atteggiamento mentale già quando ero studente. Un istruttore con mentalità scientifica (una rarità all’epoca) condivise un articolo scientifico con me (una cosa che nessun altro aveva fatto, il che era di per sé scioccante). L’articolo suggeriva che il massaggio non aveva alcun effetto sul fenomeno della dolenzia muscolare ad insorgenza ritardata (i doms), e lo faceva in modo inconfutabile. Probabilmente lui si aspettava che ci rimanessi male, anche perchè in italia credenza vuole che il fisioterapista faccia “massaggi”! Doveva essere una botta mortale ad una delle vacche sacre della professione per cui stavo studiando, probabilmente la reazione di molti massaggiatori sarebbe stata quella ma nel mio caso la cosa mi incuriosi’ e cercai di approfondire la materia.

Il giorno dopo gli portai che uno articolo molto meglio architettato che dimostrava che lo stretching non migliorava il recupero e non migliorava la percezione di DOMS i giorni successivi. ecco, lui ci rimase male, io no. questo dovrebbe essere l’approccio mentale corretto.

A volte le cose che facciamo funzionano ma non per i motivi per cui le facciamo... questo vale  per lo stretching come per le tecniche di massaggio (che sono centinaia esattamente come sono centinaia i modi e le varianti dello stretching).

La storia ci insegna che la maggior parte delle persone preferisce avere confermate le proprie idee che cercare la verità.

La gente crede con la stessa forte convinzione che lo stretching riduca i DOMS.

Ma questo non lo rende vero.

Purtroppo le evidenze dicono qualcos’altro. Secondo questi studi lo stretching è completamente inutile per prevenire o ridurre I DOMS.(6,7,8,9).

È corretto pensare ai DOMS come ad una tassa sui risultati dati dagli esercizi, è il rovescio della medaglia. Come mi disse tempo fa un mio paziente“solo il dolore può prevenire il dolore.”

Stretching e infortuni

Esiti di uno strappo di II grado a livello terzo medio distale del bicipite femorale

Esattamente come per il riscaldamento lo stretching non sembra avere queste proprietà. non aiuta a prevenire gli infortuni. mi dispiace per chi lo fa con questo obiettivo.

L’idea comunemente accettata, è che una maggiore mobilità articolare data dallo stretching prima dell’attività prevenga gli infortuni. questa tesi è stata messa in dubbio e non trova basi scientifiche, o almeno ha una tale scarsità di dati da impedire qualsiasi conclusione ragionevole.

(Flexibility, by William Sands, p. 389)

Secondo molti studi, lo stretching da solo  probabilmente non previene gli infortuni. Come ho detto poc’anzi, è una conclusione suggerita da una combinazione di revisioni scientifiche della letteratura e studi clinici con campioni ragguardevoli, alcuni dei quali già citati nel precedente articolo.

Ma c’è dell’altro.

Nel 2005, il Clinical Journal of Sports Medicine ha pubblicato una revisione aggiornata dell’evidenza scientifica, trovando che la (innegabilmente scarsa) evidenza “mostrava che lo stretching non aveva effetto preventivo sugli infortune (10).” Né studi di basso livello, né studi di alto livello, riportavano un qualche effetto preventivo sugli infortuni. Non importa se lo stretching era rivolto a singoli muscoli o a interi gruppi muscolari: i tassi di infortuni non cambiavano in maniera considerevole o se lo facevano non era per lo stretching ma per il programma di allenamento che comprendeva anche lo stretching.

In alcuni di questi studi analizzati poi i tassi di infortunio per ogni tipo di lesione erano uguali, con o senza stretching. Quasi come se lo stretching non facesse alcuna differenza.

Da allora è stata condotta un altra ricerca sperimentale. Per esempio, uno studio del 2008 pubblicato nell’American Journal of Sports Medicine, ha mostrato “nessuna differenza significativa nell’incidenza di infortuni” in soldati che eseguivano esercizi di prevenzione (11). Il capione era di circa 1000 soldati, Metà di loro parteciparono ad un programma di esercizi comprendente 5 esercizi per la flessibilità e la coordinazione degli arti inferiori,, 50 di essi incorsero in lesioni da sovraccarico agli arti inferiori: dolore al ginocchio o sofferenze medio-tibiali. Gli altri 500 soldati non fecero niente di diverso oltre al loro programma standard – né stretching, né altri esercizi di mobilità o di coordinazione – e solo 48 di loro incorsero in lesioni simili. In pratica non c’era “nessuna differenza significativa nell’incidenza di lesioni fra il gruppo prevenzione (stretching) e il gruppo placebo”, e gli autori conclusero che gli esercizi “non incidevano sul rischio di sviluppare gonalgie da sovraccarico cronico o sindromi da sforzo tibiale mediale in soggetti che si sottoponevano a un aumento dell’attività fisica.”

Tuttavia, è chiaro che il regime di esercizi includeva sicuramente lo stretching statico e che sicuramente non compiva alcun miracolo di prevenzione nei confronti di alcune delle più comuni lesioni dell’arto inferiore legate allo sport. Se lo stretching dà risultati nulli in un esperimento come questo, non è detto che sia così per tutte le alter lesion.. ma in quali lesioni dovrebbe essere efficace come strumento di prevenzione?

Un altro punto che può sembrare superficiale ma secondo me non lo è: in tutti questi anni non ho mai sentito una spiegazione ragionevole del meccanismo per cui lo stretching potrebbe prevenire delle lesioni. Di solito, chi lo propugna crede che muscoli “più lunghi” abbiano meno probabilità di subire lesioni. Ma lo sapete che non c’è alcuna correlazione tra lunghezza di un muscolo ed incidenza di infortunio?

In quest’ottica le ginnaste che portano facilmente la gamba in verticale attivamente dovrebbero essere immune a lesion muscolari… ahimè le lesioni muscolari sono molto frequenti anche nelle ginnaste.

Inoltre anche se la varietà casalinga dello stretching che vedo fare rendesse i muscoli più lunghi (del che c’è da dubitare visto che mediamente tecnicamente vedo solo errori) ed anche se sapessimo esattamente che tipo di stretching facciamo (in realtà spesso le persone non lo sanno ) ed anche se avessimo il tempo di stretchare ogni gruppo muscolare per il tempo necessario, i benefici sarebbero rilevanti solo per una piccola parte delle lesioni da sport più comuni. Una distorsione di caviglia o di ginocchio,  per esempio, o un ginocchio contuso, tre delle lesioni più comuni, probabilmente non hanno niente a che fare con la lunghezza muscolare.

In realtà, si potrebbe trovare qualche prova che lo stretching ha dei modesti effetti preventivi, ma immagino che siano molto specifici e non raggiunti dalla gran parte dei protocolli di stretching. Per esempio, è probabile che uno stretching diligente e specifico dei flessori plantari e dell’arco plantare possa prevenire la fascite plantare (12). Ma per la prevenzione “generale” delle lesioni, ci sono tecniche più efficaci dello stretching.

Quello per cui sappiamo lo stretching esser efficcace è sulla sua capacità di aumentare l’estensibilità muscolare: ma questo ha limitate implicazioni.

“Voglio diventare più elastico”, dice la gente. Magari anche quando hanno una mobilità normale in ogni articolazione. Cosa cercano? Perché la gente è tanto determinata a diventare più flessibile? Cosa ci vuole fare con questo superpotere?

Il fatto che ci siano effettivamente diversi super-eroi molto elastici, dice qualcosa al nostro sincero desiderio di una maggiore mobilità segmentaria. Ma la verità è che difficilmente qualcuno ha bisogno di aumentarla. La maggiorparte delle persone in età adulta ha una mobilità segmentaria normale ( è per questo che è normale!).  A meno che non si sia amareggiati perché un segmento manca di mobilità sufficiente per raggiungere un determinato scopo, probabilmente una maggiore mobilità non è utile.

Lo stretching può aumentare la flessibilità. Anche se non è proprio facile, nè rapido da ottenere lo stretching FUNZIONA e molto forse dipende dai geni.

Ci sono persone irrimediabilmente rigide, ho avuto come pazienti fedeli praticatori di yoga, lo hanno praticato per decenni, per più di 3 ore alla settimana e a loro dire sono rigido oggi quanto la prima volta. Qualcuno potrebbe dire “chissà come sarebbero se non lo avessero fatto”, può darsi, ma in un decennio non aver nessun miglioramento credo sia demoralizzante.

Comunque credo che lo  Yoga vada fatto per altri motivi…

Tuttavia, per molte persone uno sforzo diligente protratto per un periodo di settimane potrebbe ben aumentare la mobilità segmentaria. Nel 2011, un bell’esperimento di Marshall et al. mostrò che uno stretching regolare aumentava sostanzialmente l’estensibilità in ragazzi universitari normali (13). Specificamente, dopo “un programma di 4 settimane consistente in 4 stretching di ischiocrurali ed anca flessa eseguito 5 volte alla settimana” la loro mobilità aumentò di 16-20°. Questo è un risultato reale. Per quanto conti.

E sforzi più estremi tendono a produrre risultati più estremi.

Acrobati, ginnasti, cultori dello yoga, contorsionisti, combattenti di arti marziali, hanno chiaramente cercato la massima estensibilità per secoli, talvolta acquisendo una flessibilità sbalorditiva. Ma questi sono atleti altamente motivati, con obiettivi di prestazioni stupefacenti e con protocolli di stretching che sicuramente ci spaventerebbero, e con buona ragione: spesso si infortunano strada facendo. In effetti, per arrivare a quei risultati può anche essere necessario danneggiare le articolazioni – traumatizzare capsule e legamenti – al fine di ottenere una tale mobilità estrema.

Chi ha detto che Agonismo e salute sono sinonimi? Purtroppo a volte agonismo e salute sono quasi inconciliabili. Si può essere adatti per una particolare attività atletica, ma questo non significa che si è una persona più sana: una prestazione eccezionale in una categoria limitata spesso si raggiunge pagando un prezzo piuttosto alto (di stabilità articolare, in questo caso). La flessibilità “va bene” per alcune cose … e non molto altro. È utile per i ginnasti, ad esempio …

La flessibilità come dissi nel primo articolo sullo stretching è una delle capacità condizionali fondamentali da tenere in considerazione in un programma di preparazione atletica, ma una volta raggiunta la corretta mobilità – flessibilità necessaria non è una condizione difficile da mantenere, spesso basterà continuare a fare il gesto altetico che la sfrutta.

Diagramma di tensione – lunghezza espressa da un muscolo

Sappiamo bene che la tensione espressa da un muscolo è correlate a quanto questo è allungato, un muscolo troppo allungato non è in grado di esprimere il Massimo della forza così come un muscolo già accorciato non è più in grado di accorciarsi, per questo bisogna lavorare su protocolli di contrazione perticolare e focalizzare bene questi concetti in mente quando ci ostiniamo a stretchare un muscolo magari oltre alla reale necessità. in questo caso DI PIÙ NON è MEGLIO.

Tecniche di mobilità avanzate in giovani ginnaste della RPC

Questa giovanissima ginnasta diventerà più flessibile? Sì.. Sarà per questo più sana? No.

Essere flessibili è un obiettivo talmente agognato, tuttavia, che ci torneremo più avanti. Ci sarà sa stupirsi apprendendo come la flessibilità funziona, in effetti.

La ricerca sullo stretching mostra che probabilmente non migliora le prestazioni ( riferendosi a determinati sport,  certamente non fa correre più veloci gli sprinter)

Gli atleti più flessibili non sono necessariamente i migliori. (William Sands, Flexibility, p. 389)

Questo non è un argomento sullo stretching di cui si sente parlare quanto gli altri.

Tuttavia di tanto in tanto emerge, specialmente fra atleti che fanno sport di squadra.

È pratica comune fare stretching lontani dal campo di gioco. Probabilmente è così perché lo si pensa come un metodo di prevenzione degli infortuni, ma molti di questi atleti diranno convintamente che migliora le loro prestazioni: che i muscoli “scatteranno come molle” dallo stiramento e li faranno correre più veloci. C’è addirittura un libro sullo stretching che è ampiamente basato su questa idea – ma è un libro pieno di bro-science, senza alcuna prova fattuale che queste idee siano vere.

Ho già menzionato una ricca revisione scientifica del 2011 di Kay et al che ha evidenziato l’inefficacia dello stretching in tal senso. Non è stata una sorpresa. Cosa invece un po’ sorprendente, è che la stessa revisione ha trovato l’opposto di un beneficio: lo stretching pre-esercizio potrebbe ridurre la forza muscolare(14).

Probabilmente non sarebbe un effetto enorme, ma certamente enfatizza la mancanza di effetto positivo: se l’effetto c’è, è nella direzione opposta.

Allo stesso modo, la ricerca ha mostrato che lo stretching non migliora la prestazione negli sprinter… ma addirittura sembra che la peggiori. Cosa succede facendo stretching (statico) prima di uno scatto?

Un gruppo di ricercatori australiani di Perth ha fatto questo esperimento all’inizio del 2009. Radunarono alcuni atleti e misurarono i loro tempi con e senza stretching fra gli scatti (15). E naturalmente non si limitarono a chiedere agli atleti “allora, come ti sei sentito? Più lento o più veloce?” No: intelligentemente, misurarono i risultati. Rilevarono di ogni sessione il tempo medio, il tempo totale (la somma di sei scatti), il tempo del primo scatto e il tempo migliore. I risultati dei test erano chiari: “c’era una tendenza a realizzare tempi più alti dopo lo stretching statico.” In altre parole, chi si dedica ad uno sport in cui lo scatto è importante, è meglio che non faccia stretching prima di sporcarsi le scarpette.

(Comunque se non siete sicuri di che effetto ha lo stretching sullo scatto, perché non provate? Con tanto di misure! È straordinario quanto si impara, io l’ho fatto su diversi atleti ed ho ottenuto lo stesso risultato)

Ovviamente come in tutti gli studi ci sono molti possibili “se” e “ma” (16). Tuttavia, queste perplessità e domande non fanno che enfatizzare l’assurdità degli eserciti di persone che hanno una fede supersemplificata nell’importanza dello stretching a dispetto di un’evidenza così scoraggiante, il buon senso ci spinge a dire che lo sport stesso fornisce tutto lo “stretching” di cui uno ha bisogno.

C’è un bel pezzo che ho letto tempo fa e che riporto. A parlare è Mel Siff Phd:

“…è quasi da eretici mettere in questione questa dottrina dello stretching, ma è importante svelare che non c’è alcuna ricerca che provi il bisogno di impegnarsi in sedute specifiche di stretching per migliorare prestazioni o sicurezza. Per valutare questo fatto, è utile ritornare a una delle definizioni cliniche della flessibilità, ossia che la flessibilità si riferisce all’ampiezza di movimento di un’articolazione o uno specifico gruppo di tessuti anatomici. Per di più, la flessibilità non può essere considerata separata da altri fattori della fitness come la forza e la resistenza. Non c’è realmente bisogno di prescrivere esercizi o intere sedute di stretching, perché un allenamento strutturato in modo logico dovrebbe muovere progressivamente ogni articolazione lungo tutta la sua ampiezza di movimento. In altre parole, ogni movimento dovrebbe essere eseguito per migliorare flessibilità, forza, velocità, resistenza locale, abilità, così che sessioni dedicate allo stretching diverrebbero del tutto ridondanti…”

(Mel Siff, Facts and fallacies of fitness, , p. 123)

L’intelligente minimalismo di Siff — scritto nel 1988 e  fu uno dei libri che lessi quando ero ancora studente, assieme ad altri di  Zatsiorsky e Kraemer  — sta in forte contrasto con l’approccio molto più comune e vendibile “anzitutto la flessibilità”, un approccio che guarda caso (una coincidenza, sono certo!) dà agli allenatori e ai preparatori fisici e ai terapisti qualcosa di cui essere esperti: l’idea che gli atleti debbano considerare importante anzitutto aumentare la flessibilità (con qualsiasi metodo di stretching), e poi allenare per la forza e la coordinazione, affinché sfruttino le meraviglie della flessibilità. Un quadro che a mio modesto parere andrebbe letto esattamente al contrario.

Aldilà di questo. da oggi, spero che continuiate a fare stretcning (anche se potremmo a questo punto usare altri termini più appropriati)  ma almeno non per i motivi visti sopra.

 

BIBLIOGRAFIA:

1) Kay AD, Blazevich AJ. Effect of Acute Static Stretch on Maximal Muscle Performance: A Systematic Review. Med Sci Sports Exerc. 2011 Jun 8. PubMed #21659901. I ricercatori hanno scandagliato più di 4500 studi prima di scegliere i circa 100 migliori, a cui guardare con più cura. Hanno trovato “prove schiaccianti” di “nessun effetto significativo,” e questo non è certo sorprendente per chi ha seguito gli studi sullo stretching negli anni.

2) Damasceno MV, Duarte M, Pasqua LA, et al. Static Stretching Alters Neuromuscular Function and Pacing Strategy, but Not Performance during a 3-Km Running Time-Trial. PLoS One. 2014;9(6):e99238. PubMed #24905918.  La conclusione riproduce e incrementa queste evidenze. Non era un effetto negativo enorme, ma comunque un effetto nella direzione sbagliata! Un capitombolo epico per lo stretching.

3)Lowery RP, Joy JM, Brown LE, et al. Effects of static stretching on 1-mile uphill run performance. J Strength Cond Res. 2014 Jan;28(1):161–7. PubMed #23588487.

C’è qualcosa in più da dire riguardo a questo, e Alex Hutchinson lo disse, ma qui c’è il boccone amaro: lo stretching prima della corsa causava una caduta dell’8% nella prestazione nella corsa del miglio in salita. Accidenti!

4) Soligard T, Myklebust G, Steffen K, et al. Comprehensive warm-up programme to prevent injuries in young female footballers: cluster randomised controlled trial.BMJ. 2008;337:a2469. PubMed #19066253. 0. Nel 2008, dei ricercatori norvegesi misero a confronto gli infortuni in più di mille giocatrici di calcio che eseguirono un riscaldamento come questo con alcune centinaia che non lo eseguirono. Le atlete che eseguirono il riscaldamento subirono meno infortuni, meno lesioni da sovraccarico, e gli infortuni furono meno gravi. Lo stretching statico non faceva parte del riscaldamento. Ne faceva parte lo “stretching attivo” …, ma lo “stretching attivo” deve essere chiamato mobilizzazione – fare degli affondi, per esempio – che è ben diversa dal tipo di stretching, passivo o statico, cui normalmente la gente si riferisce.

5) Soligard T, Nilstad A, Steffen K, et al. Compliance with a comprehensive warm-up programme to prevent injuries in youth football.Br J Sports Med. 2010 Sep;44(11):787–93. PubMed #20551159. PainSci #54998.

I ricercatori trovarono che i tassi di infortunio erano significativamente minori nelle squadre di calcio che eseguivano diligentemente gli esercizi di riscaldamento (il programma di riscaldamento raccomandato dalla FIFA “gli 11 +”, che – è degno di nota – non include lo stretching). Da una parte, non c’era molta differenza fra un riscaldamento leggero e uno più intenso. Ma i giocatori e le squadre che si impegnarono più intensamente (“il doppio degli esercizi”) ottennero risultati consistenti: “il rischio di lesioni ed infortuni era ridotto di più di un terzo fra giocatori più ligi, a confronto con i giocatori che lo erano un po’ meno.” Un entusiasmo extra che ha portato buoni risultati!

6)Non sono sicuro, ma mi sembra fosse questo l’articolo in questione: Tiidus PM.Manual massage and recovery of muscle function following exercise: a literature review. J Orthop Sports Phys Ther. 1997 Feb;25(2):107–12.PubMed #9007768.

7)Lund H. The effect of passive stretching on delayed onset muscle soreness, and other detrimental effects following eccentric exercise. Scand J Med Sci Sports. 1998 Aug;8(4):216–21. PubMed #9764443.

Dall’abstract: “non c’era alcuna differenza nelle variabili riferite fra gli esperimenti 1 e 2. Si conclude che lo stretching passivo non ha alcuna influenza significativa sull’aumento del CPK plasmatico, sul dolore muscolare, sulla forza muscolare, e sul rapporto PCr/P(i), a indicare che lo stretching passivo dopo esercizio eccentrico non può prevenire alterazioni patologiche secondarie.”

8) Cheung K, Hume P, Maxwell L. Delayed onset muscle soreness: treatment strategies and performance factors. Sports Med. 2003;33(2):145–64. PubMed #12617692.

Dall’abstract: “crioterapia, stretching, omeopatia, ultrasuoni ed elettroterapia hanno dimostrato di non avere effetto sull’indolenzimento muscolare o altri sintomi da DOMS.”

9) Weber MD, Serevedio FJ, Woodall WR. The Effects of Three Modalities on Delayed Onset Muscle Soreness. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy. 1994;20(5):236–42. PubMed #9512831.

Dall’abstract: “… l’analisi non ha rilevato alcuna differenza statisticamente significativa fra massaggio, elettrostimolazione a basso voltaggio, ergometria degli arti superiori, e gruppo di controllo.”

10) Herbert RD, de Noronha M, Kamper SJ. Stretching to prevent or reduce muscle soreness after exercise. Cochrane Database Syst Rev. 2011;(7):CD004577.PubMed #21735398.

Lo stretching fatto prima o dopo l’esercizio aiuta a ridurre la dolenzia? Zero. Questa ampia revisione di undici piccoli studi scientifici e di uno molto grande, termina con un chiaro pollice verso:
l’evidenza di studi randomizzati suggerisce che lo stretching, sia esso condotto prima, dopo o sia prima che dopo l’esercizio, non produce riduzioni clinicamente importanti della dolenzia muscolare ad insorgenza ritardata in adulti sani.

L’evidenza era “da bassa a media”, con rischio di errore statistico “da medio ad alto”, il che significa che la maggior parte dei ricercatori probabilmente speravano di trovare che lo stretching effettivamente serve per la DOMS … ma che nonostante questa probabile distorsione dello studio non trovarono comunque ciò che speravano.

Lo studio molto grande dava tecnicamente risultato positivo, avendo trovato una riduzione media della dolenzia di 4 punti: ma su una scala di 100 punti, il che in pratica vale niente. La variazione fra i risultati degli individui è indubbiamente più grande.

11) Hart L. Effect of stretching on sport injury risk: a review. Clin J Sport Med. 2005 Mar;15(2):113–113. PubMed #15782063.

OBIETTIVO: effetto dello stretching sul rischio di infortuni sportivi: una revisione per valutare l’evidenza sull’efficacia dello stretching nella prevenzione degli infortuni nello sport.

FONTI DEI DATI: sono state fatte ricerche in MEDLINE (dal 1966 a settembre 2002), Current Contents, Biomedical Collection, Dissertation Abstracts, the Cochrane Library, e SPORTDiscus per articoli in tutte le lingue contenenti i termini stretching, flessibilità, infortuni, epidemiologia e prevenzione degli infortuni. Sono state esaminate le bibliografie e contattati degli esperti per trovare altri studi rilevanti.

SELEZIONE DEGLI STUDI: sono stati inclusi studi randomizzati o studi di coorte di interventi che includevano lo stretching a confronto con altri interventi, con partecipanti che erano impegnati in sport o attività di fitness. Uno degli autori ha individuato 361 articoli che trattavano di flessibilità, metodi ed effetti dello stretching, fattori di rischio per infortuni, e prevenzione degli infortuni; di questi articoli, 6 soddisfacevano i criteri per essere inclusi nella meta analisi.

ESTRAZIONE DEI DATI: tre revisori indipendenti, in cieco rispetto agli autori e agli istituti degli studi, hanno valutato la qualità metodologica degli studi (scala 0-100) e hanno raggiunto il consenso sulle divergenze. Sono stati estratti i dettagli sui soggetti degli studi, sugli interventi e sugli esiti.

RISULTATI PRINCIPALI: Una riduzione globale degli infortuni (sindromi compartimentali, reazione da stress tibiale, distorsioni, distrazioni, altre lesioni dell’arto inferiore) con lo stretching di singoli muscoli o di più gruppi muscolari non è stata rilevata in 5 degli studi controllati (odds ratio [OR] 0.93; 95% CI, 0.78 to 1.11). La riduzione delle lesioni non era significativamente maggiore né con lo stretching di specifici muscoli (OR, 0.80; CI, 0.54-1.14) né per lo stretching di gruppi muscolari multipli (OR, 0.96; CI, 0.71-1.28). Combinando le 3 valutazioni della qualità metodologica, i punteggi medi andavano da 29 a 60/100. Dopo aggiustamento per i fattori confondenti, gli studi di bassa qualità non mostravano una riduzione maggiore degli infortuni con lo stretching (OR, 0.88; CI, 0.67-1.15) a confronto con gli studi di alta qualità. (OR, 0.97; CI, 0.77-1.22). Lo stretching per migliorare la flessibilità, gli effetti avversi dello stretching, e gli effetti del riscaldamento non sono stati valutati da studi appropriate.

CONCLUSIONE:il limitato numero di studi appropriati disponibili mostra che lo stretching non è efficace nella riduzione degli infortuni.

12) Brushøj C, Larsen K, Albrecht-Beste E, et al. Prevention of overuse injuries by a concurrent exercise program in subjects exposed to an increase in training load: a randomized controlled trial of 1020 army recruits. Am J Sports Med. 2008 Apr;36(4):663–670. PubMed #18337359.

13) Pereles D, Roth A, Thompson DJ. A Large, Randomized, Prospective Study of the Impact of a Pre-Run Stretch on the Risk of Injury in Teenage and Older Runners.USATF.org. 2011 Jun 15. PainSci #55243.

14) Ci sono molte prove sperimentali dell’efficacia dello stretching per la fascite plantare. Si vedano Wolgin, Batt, Barry and Powell.

15)  Marshall PW, Cashman A, Cheema BS. A randomized controlled trial for the effect of passive stretching on measures of hamstring extensibility, passive stiffness, strength, and stretch tolerance. J Sci Med Sport. 2011 Nov;14(6):535–40. PubMed #21636321.

16) Da Kay et al: “gli effetti dannosi dello stretching statico sono limitati soprattutto allo stretching di lunga durata (più di 60”), che non sempre è usato nella preparazione pre-esercizio nella clinica, nello sport amatoriale e nello sport professionistico. Stretching di durate inferiori ai 60” possono essere eseguiti senza compromettere la prestazione muscolare massimale”.

17) Beckett JR, Schneiker KT, Wallman KE, Dawson BT, Guelfi KJ. Effects of Static Stretching on Repeated Sprint and Change of Direction Performance. Medicine & Science in Sports & Exercise. 2009 Jan 5.

Base del testo è tratta dal Painscience.com  , considerazioni di Paul Ingraham

 

Dott. Marco Segina

Responsabile della sezione Fisioterapia Ortopedica e Sport del Poliambulatorio Fisiosan con sede a Trieste e a Muggia.
Amministratore della Polisportiva Venezia Giulia SSDarl – con sezioni Volley, Basket, BodyBuilding, Pesistica, Corsa, MountainBike.
Laureato in Fisioterapia con Lode C/o Facoltà di Medicina e Chirurgia di Trieste e Vincitore del premio miglior tesi di Laurea in Italia nel 2008 (Una nuova Scala di Valutazione delle Lombalgie).

Altri titoli:
Master Universitario in ecografia muscoloscheletrica per fisioterapisti e podologi;
Master Universitario in Osteopatia;
Diploma di Osteopractor (American Academy of Manipulative Therapy);
Diploma di Chiroterapia e manipolazioni vertebrali (Manipulation Italian Academy);
Diploma di Preparatore Atletico;
McKenzie method (level A,B,C,D,E);
Stecco method (I e II livello);
Dry Needlig cert. (American Academy of ManipulativeTherapy);
Spinal Manipulation cert. (American Academy of Manual Therapy);
McGill method (I,II,III livello);
Documentarion based care certificate instructor;
Istruttore di Functional Trainig;
Personal Trainer;
Tecnogym Exercise specialist.