Sfatiamo 5 miti dei piedi piatti

Forse non lo sapevi, ma avere i piedi piatti fin da quando si è bambini a 6/8 anni è del tutto normale. Infatti è proprio a partire da quell’età che la volta plantare del piede e l’orientamento stesso del calcagno cominciano a rivolgersi verso l’esterno e non l’interno.

Ecco quindi i 5 consigli del professor Nicola Portinaro, responsabile del reparto di Ortopedia pediatrica in Humanitas e Direttore della Clinica ortopedica all’Università degli Studi di Milano, sul piede piatto e su come intervenire per correggere questa patologia.

Piede piatto: come deve essere considerato?

“Il piede piatto, nel bambino, rappresenta quasi sempre la normalità. La conformazione plantare è destinata a cambiare nel corso dello sviluppo fisiologico, fino a raggiungere la sua forma definitiva attorno ai 10-12 anni. Per questo ai genitori dico sempre di non preoccuparsi se notano una posizione anomala del piede sul terreno nel loro piccolo. È importante tuttavia verificare che non ci sia una vera e propria patologia, questo sì, senza però andare in ansia per qualche piccola irregolarità nel modo di appoggiare i piedi del figlio”.

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1 – È meglio il piede scalzo o con le scarpine?

“Dipende dalla superficie su cui cammina il bambino. Su quelle lisce, come i pavimenti, il piede può essere nudo o con una calza antiscivolo. Di fatto il terreno “liscio“ stimola solo in parte la formazione dell’arcata plantare attraverso allenamento di differenti gruppi muscolari che invece sono massimamente stimolati quando il bambino cammina su terreni sconnessi: la sabbia, ad esempio, è l’ideale per stimolare il piede in modo completo. Durante l’estate è dunque bene approfittare dell’opportunità offerta dalle vacanze trascorse nelle località balneari ricche di spiaggie”.

2 – Scarpe ortopediche: sono consigliate?

“Da questo punto di vista mi sento di tranquillizzare i genitori che temono di spendere cifre elevate per dotare i loro piccoli di scarpe speciali: quando non si è in presenza di una patologia certificata, questo tipo di scarpe è del tutto inutile. Come detto, il piede matura da sé, seguendo lo sviluppo fisiologico proprio di ogni bambino, indipendentemente dal tipo di scarpe utilizzato. Piuttosto, u consiglio che do sempre è quello di non riciclare scarpe già usate dai fratelli maggiori: ogni piede è differente dall’altro e deve poter “vivere” in modo naturale la sua scarpa. Cosa che non è possibile quando questa ha già vissuto un’altra vita, assumendo la forma di un altro piede”.

3 – I plantari possono curare il piede piatto?

“Io credo di no. Nei bambini piccoli il plantare può avere la sola funzione di agevolare la maturazione ottimale delle ossa del piede. Se la conformazione del piede è però tale da prevedere una situazione di piede piatto, il plantare non è in grado di curare questa patologia, che potrà essere diagnosticata e su cui si potrà intervenire in modo differente secondo me intorno ai 10/12 anni”.

4 – Se si certifica l’esistenza del piede piatto, come si può correggerlo?

“Se raggiunti i 10-12 anni il piede piatto non si è corretto da sé, lo specialista decide insieme alla famiglia se sia il caso di intervenire chirurgicamente. Una decisione che viene presa quando la valutazione clinica e gli esami radiologici dimostrano un’alterazione morfologica del piede, che abbia come conseguenza una scorretta formazione della volta plantare o una posizione anomala delle ossa. L’intervento prevede l’inserimento di una vite nel seno del tarso per via mini-invasiva, in regime di day hospital. Il recupero è breve: già il giorno dopo il bambino può camminare con l’ausilio di supporti come le stampelle, che possono essere eliminati dopo soli 3/5 giorni dall’intervento”.

5 – Ci sono delle pratiche da seguire per evitare l’intervento e indirizzare il bambino verso una postura corretta?

“Sì. Il nostro cervello fa muovere il nostro corpo attraverso i messaggi che gli vengono trasmessi dal contatto dei piedi con il terreno. È necessario quindi agevolare la sensibilità dei piedi dei bambini, per abituarli a questo importante contatto. Si tratta, in pratica, di aiutarli a sviluppare la capacità di riconoscere il terreno su cui stanno camminando, e a imparare a mantenere l’equilibrio su differenti superfici”.

Che tu abbia un dubbio o meno, non affidarti a supposizioni o “correzioni casalinghe”: contatto chi tratta questi casi quotidianamente e può darti un consiglio affidabile e certo. La salute è importante!

 

Dott. Marco Segina

Responsabile della sezione Fisioterapia Ortopedica e Sport del Poliambulatorio Fisiosan con sede a Trieste e a Muggia.
Amministratore della Polisportiva Venezia Giulia SSDarl – con sezioni Volley, Basket, BodyBuilding, Pesistica, Corsa, MountainBike.
Laureato in Fisioterapia con Lode C/o Facoltà di Medicina e Chirurgia di Trieste e Vincitore del premio miglior tesi di Laurea in Italia nel 2008 (Una nuova Scala di Valutazione delle Lombalgie).

Altri titoli:
Master Universitario in ecografia muscoloscheletrica per fisioterapisti e podologi;
Master Universitario in Osteopatia;
Diploma di Osteopractor (American Academy of Manipulative Therapy);
Diploma di Chiroterapia e manipolazioni vertebrali (Manipulation Italian Academy);
Diploma di Preparatore Atletico;
McKenzie method (level A,B,C,D,E);
Stecco method (I e II livello);
Dry Needlig cert. (American Academy of ManipulativeTherapy);
Spinal Manipulation cert. (American Academy of Manual Therapy);
McGill method (I,II,III livello);
Documentarion based care certificate instructor;
Istruttore di Functional Trainig;
Personal Trainer;
Tecnogym Exercise specialist.